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Le orchidee, come praticamente tutte le altre piante, si possono moltiplicare mediante due diversi sistemi: mediante semi o per via vegetativa. La via più semplice, è tramite propagazione vegetativa effettuando una sorta di talea e si ottengono piante in tutto e per tutto identiche alla pianta genitrice (cloni). Come abbiamo visto, le orchidee si presentano in due forme: monopodiali e simpodiali. Quelle monopodiali (Phalaenopsis, Vanda, Angraecum ecc.) hanno un fusto unico che si sviluppa in lunghezza, e spesso producono da sole nuovi getti alla base che possono essere separati appena hanno messo qualche radice. Se non ci fanno questa gentilezza, ci sono altri metodi. Ad esempio la maggior parte delle Phalanopsis che difficilmente fanno nuovi getti alla base, in realtà ne fanno soventemente dallo stelo dei fiori, una volta che questi sono appassiti. A questo punto basta aspettare che la nuova piantina abbia prodotto radici a sufficienza per staccarla e invasarla separatamente. Le altre, che invece non hanno questo strano comportamento possono essere divise quando il fusto abbia prodotto abbondanti radici aeree. Vanda, Angraecum e molti altri generi monopodiali infatti, producono dei fusti che crescono anche molto in altezza, emettendo una certa quantità di radici aeree. Si possono quindi tagliare a metà le piante che si allungano troppo (basta avere laccorgimento di tagliare al di sotto di almeno 2/3 radici aeree) ed invasarle singolarmente. La parte di sotto emetterà abbastanza velocemente nuovi getti dallascella delle foglie e riprenderà lo sviluppo, mentre la parte superiore (che ha ancora il suo punto di accrescimento) continuerà il suo normale sviluppo facendo spuntare nuove radici. Quelle simpodiali (Cattleya, Cymbidium, Paphiopedilum ecc.) invece presentano un rizoma da cui partono dei bulbi. Ogni bulbo è praticamente una pianta a se stante che, almeno in teoria, può essere staccato ed invasato singolarmente. In realtà è meglio dividere i rizomi in gruppi di almeno tre/quattro bulbi (o ciuffi nel caso dei Paphiopedilum e simili) affinché possano darsi energia l'un l'altro e risentire così in maniera minima della divisione. Molte specie poi ci rendono la vita facile (come Dendrobium, alcuni Epidendrum ed altre) emettendo naturalmente nuove piante, con radici e tutto, da qualunque nodo del fusto. Queste nuove vegetazioni "anomale", chiamate keiki, possono essere staccate ancor prima che raggiungano la completa maturazione. Ad esempio il Dendrobium nobile e molte altre specie affini, che solitamente emettono fiori da ogni nodo del bulbo dopo l'inverno freddo asciutto, hanno la particolarità di emettere keiki al posto dei fiori se ricevono acqua prima della fioritura, durante l'inverno. Oltre ai bulbi sani e vigorosi, si possono usare per la riproduzione anche i vecchi bulbi, spesso rugosi e avvizziti, che oramai servono ben poco alla pianta. Infatti emetteranno ben presto nuovi germogli una volta staccati dalla pianta madre ritornando, in qualche anno, ad essere in grado di fiorire. Questa tecnica è particolarmente efficace (e normalmente utilizzata) per i retrobulbi di Cymbidium, che possono essere staccati al momento del rinvaso. Questi, una volta separati e ripuliti dalle brattee secche ecc., vanno riposti in un luogo secco e buio per una quindicina di giorni (una scatola o un cassetto), dopodiché si mettono in una vasetto singolo o in una cassettina, con del composto umido. Il nuovo germoglio non tarderà a nascere e ad emettere radici. Questo primo germoglio svilupperà un piccolo bulbo, che lanno successivo ne emetterà uno più grande e così via per altri 2/4 anni quando finalmente fiorirà per la prima volta. Una particolare tecnica di riproduzione vegetativa è quella per "meristema". Con questa tecnica (purtroppo utilizzabile solo in laboratorio), vengono selezionate alcune cellule dellapice vegetativo di un germoglio e coltivate in vitro. Queste cellule, chiamate meristematiche, hanno la caratteristica di essere "indeterminate", ossia potrebbero svilupparsi in qualsiasi cosa (radice, foglia o fiore). In pratica, esiste un insieme di cellule, della grandezza della capocchia di uno spillo, nel cuore di ogni germoglio, che non hanno ancora "deciso" in cosa svilupparsi. Se noi selezioniamo queste cellule e le coltiviamo in vitro, queste si "accorgono" di essere sprovviste di tutti gli organi occorrenti (foglie, fusti, radici) e cominciano a costruirli, tornando pian piano ad essere una pianta vera e propria. Se osservate al microscopio, si può vedere che inizialmente crescono disordinatamente, senza avere "idee" precise su come vorrebbero essere, poi, dopo un po, cominciano a spuntare le prime radici e le prime foglie. Se noi prendiamo questo grumetto di cellule e lo dividiamo ulteriormente, si hanno di nuovo le stesse fasi. Si possono dividere fino ad ottenere lesatto numero di piante occorrenti ed a questo punto si lasciano crescere indisturbatamente. Dopo un anno avremo 10, 100, 100.000 piantine che andranno tolte dalle provette di coltura, e messe finalmente in vasetti singoli o comunitari in serra, dove potremo cominciare a coltivarle con i metodi tradizionali. Per la coltura in provetta delle cellule meristematiche si usano gli stessi substrati che vengono utilizzati per le semine. La riproduzione mendiante semina è alquanto più complicata e difficile da realizzare, anche se i risultati possono essere molto (ma molto) più soddisfacenti della riproduzione vegetativa. Con la semina infatti (derivante quindi dalla fecondazione di un fiore), si rimettono in gioco le variabili genetiche, quindi le piante risultanti non saranno mai perfettamente uguali, ma avranno caratteri leggermente diversi. La maggior parte delle specie di orchidea, ha infatti insita una grande variabilità genetica (infatti fanno perdere la testa a molti botanici). Quindi anche impollinando un fiore con il suo stesso polline (o con il polline di un altro fiore della stessa pianta o di unaltra pianta della stessa specie) avremo piante con caratteristiche diverse dalla madre. I fiori dei nuovi nati potranno essere quindi più grandi, o più piccoli, o diversamente colorati della madre. Perciò si ha la possibilità di ottenere piante più belle della specie tipo (ma anche più brutte e questo è lo svantaggio). Il problema di questo tipo di riproduzione è che le orchidee fanno semi praticamente privi di nutrimento ed assomigliano di più a spore che a semi veri e propri. Quando arrivano a germogliare, non hanno quella scorta di sostanze nutrienti che consente alla stragrande maggioranza degli altri semi di emettere la prima foglia e la prima radice, quindi l'unico modo che hanno per crescere è di cadere in un punto dove quelle sostanze possano essere fornite loro da qualcun altro. Questo "qualcun altro" è, in natura, un particolare fungo che nutrendosi rilascia, come prodotto di scarto, zuccheri ed altre sostanze. Quindi in natura le orchidee possono nascere solo in presenza di questa micorriza (così sono chiamati questi "funghi") che (fortunatamente) è comune in ogni parte del mondo. In cattività tuttavia è molto difficile che i semi delle nostre orchidee possano nascere e crescere se ci affidiamo alla "buona sorte". Però possiamo fornire loro quelle stesse sostanze in maniera "artificiale" (si parla ora di riproduzione asimbiotica, in contrasto con quella naturale che si svolge in simbiosi con la micorriza), ad esempio somministrando ..... acqua concimata, zucchero e succo di pomodoro. Queste stesse sostanze tuttavia sono molto ambite anche dalle muffe e quindi se non proteggiamo le semine in qualche modo riusciremo solo ad avere una bella ...... coltivazione di muffe. E' stato quindi sperimentato ed utilizzato con successo un tipo di coltura in provetta, per cui, in ambiente sterile, vengono inseriti i semi di orchidea entro recipienti di vetro contenenti una "gelatina" nutriente. Qui dentro, una volta tappato il contenitore, le piccole piantine trovano ciò che gli serve e possono germogliare e crescere. Il problema (per noi comuni mortali che non possiamo permetterci un laboratorio di chimica), è come riuscire a seminare i semi (microscopici) di orchidea dentro a dei barattoli senza che ci entrino anche spore di muffa (presenti in ogni centimetro quadrato di aria che ci circonda). In realtà, anche se in casa l'ambiente è tutt'altro che sterile, abbiamo qualche probabilità di riuscire nell'impresa. Vediamo come fare. Primo: la "gelatina" nutritiva. Procuriamoci Agar (un gelificante comunemente usato anche per preparare dolci e galantine), pomodori maturi, latte di cocco, un concime bilanciato e acqua distillata. Secondo: passiamo i pomodori e filtriamo il succo. Al succo così ottenuto aggiungiamo il latte di cocco e pari quantità di acqua distillata in cui abbiamo sciolto il fertilizzante (1gr per litro) e poi scaldiamo il tutto aggiungendovi l'agar (sui 15 grammi per litro). Terzo: quando tutto l'agar si è sciolto possiamo mettere il preparato nei barattoli di vetro (a circa un terzo del livello) e tapparli bene (a tenuta stagna), quindi mettere i barattoli in una pentola a pressione e far bollire per venti minuti (così sterilizziamo contenuto e contenitore). Quarto: facciamo raffreddare a temperatura ambiente i barattoli. Nel frattempo sterilizziamo i semi mettendoli per qualche minuto in una soluzione di acqua e varechina (proporzioni 20:1), poi con una siringa sterile prendiamo un po' di semi (che saranno comunque decine e decine). Quinto: nel frattempo portiamo ad ebollizione dell'acqua in una pentola larga o in una padella, quindi prendiamo il barattolo e lo stappiamo con attenzione proprio sul vapore e "siringhiamo" i semi sulla superficie del gel e riavvitiamo il tappo il più velocemente possibile, sempre tenendo il barattolo sul vapore. A questo punto incrociamo le dita e poniamo il barattolo su una mensola con luce diffusa. Questo non è un metodo rigoroso ed ha una grossa percentuale di "barattoli di muffa" (basta anche una sola spora scampata al trattamento per inquinare la fiasca), però se ne prepariamo diversi quasi sicuramente qualcuno resterà "pulito", e qui potranno nascere decine e decine di piccole piantine, che, appena raggiunta una certa dimensione (ossia quando non entreranno più nel barattolo), potranno essere tolte ed invasate in terrine comunitarie. Le piante arrivano a fiorire dopo vari anni (dai quattro ai sette/otto, a seconda della specie e della bontà della coltivazione). Un'altro metodo è quello di preparare una scatola con la parete superiore trasparente e due buchi ai lati per poterci infilare le mani. Mettiamo dentro i barattoli con l'agar, la capsula con i semi, siringa sterile ecc ecc. Spruzziamo dappertutto una soluzione di acqua e varichinae chiudiamo. Dopo dieci minuti infiliamo le mani guantate nella scatola ed effetuiamo la semina. Naturalmente la miscela di pomodoro, cocco, zucchero e acqua concimata è solo una delle varie possibilità. Nei laboratori si usano formule in cui entrano in gioco solo i composti nutritivi necessari ai semi, sali e sostanze calcolate al microgrammo, tuttavia per noi poveri profani possono andare bene anche le miscele "alla frutta". Oltre a succo di pomodoro e latte di cocco sono stati sperimentati con più o meno successo omogeneizzati di banana, succo dananas ed altre cose simili, mescolati in varie proporzioni. Chissà cosa ne potrebbero dire dei semi di Cattleya di un bel substrato ai frutti di bosco? Se non abbiamo bisogno di grandi quantità di piante e/o non vogliamo fare sperimentazioni di ibridi, ma al contrario ci basterebbe una piantina da regalare a qualcuno, possiamo invece usare senza timori e con sicuro successo la via vegetativa. Comunque per vedere un po' più passo-passo una semina
"casalinga" qui è spiegato come ho fatto io
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© Giulio Farinelli 1997-2005