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Protezione (?) Orchidee sono rare ? Se si, quali ? E ancora, sono protette? E se ne compro una, a cosa vado incontro? Sono domande che chiunque "orchidofilo" quando passa dalla fase di "hobbista semplice" a quella di "hobbista evoluto" si può e si deve chiedere. Per prima cosa c'è da dire che in realtà (e fortunatamente) le orchidee rare (in natura) sono relativamente poche e che non si trovano dai fiorai o nei garden center. Tuttavia la possibilità di acquistarne una, ad una mostra, in un vivaio specializzato o anche per posta o su internet c'è sempre ed è bene sapere alcune "regole". Cosa comporta l'avere in casa delle piante "rare", magari a rischio di estinzione? Innanzitutto, moralmente, comporta una responsabilità. La responsabilità di informarsi dettagliatamente sui requisiti colturali e su quale è l'habitat originario, di curare quelle piante, di seguirle passo passo nel loro sviluppo, di capire i propri errori e di cercare di correggerli, nonché se possibile di sperimentare soluzioni "nuove". Queste piante, ricordiamolo, appartengono a specie che sono in serio pericolo di estinzione. Anzi, alcune sono già virtualmente estinte allo stato naturale e sopravvivono solo in cattività. Il loro possesso non è giustificato solo per il godimento della loro bellezza, quanto anche per un serio fatto di studio, conservazione, riproduzione e diffusione. Molti di coloro che leggeranno questo articolo probabilmente avranno in casa un Paphiopedilum. Se è un ibrido non c'è altro da dire, ma se è una specie è bene che sappiate che tutti i Paphiopedilum sp. sono più o meno rari ed in pericolo nei loro stessi ambienti nativi e pertanto protetti da leggi e convenzioni internazionali. La vendita delle piante raccolte in natura è vietata e l'importazione ne è consentita esclusivamente a scopo di studio. Visto che ultimamente ho seguito diverse discussioni, riguardanti scempi negli habitat nativi, acquisti "illegali", leggi internazionali e via dicendo, ho cercato di documentarmi con le leggi nazionali ed internazionali, soprattutto per quanto riguarda la raccolta ed il commercio internazionale. Quello che ne risulta fuori è quanto di più "burocratico", farraginoso ed incerto vi possa essere. La raccolta intanto è definita dalla miriade di leggi e leggine dei vari stati mondiali, nonché dai regolamenti e leggi locali, dei parchi, aree protette ecc. ecc. Una visione d'insieme è assolutamente impossibile. Ciò che è illegale e severamente punito in un qualsiasi punto della terra può essere perfettamente legale a pochi chilometri di distanza. LE ORCHIDEE NOSTRANE Partiamo con quelle italiane ed europee in generale. Innanzitutto, la raccolta in natura di queste è più o meno una sciocchezza. Infatti avrebbero tantissime possibilità di morire e pochissime di sopravvivere. Questo perché asono di coltivazione moooolto difficile. bAlcune hanno una simbiosi "vita natural durante" con un fungo (la maggior parte con funghi del genere Rizhoctonia) che, se spezzata, porterebbe sicuramente la pianta ad una più o meno rapida morte. cLe specie la cui simbiosi si limita ai primi stadi di vita sono comunque molto fragili una volta fuori dal loro habitat ed anche la maggior parte di queste sono destinate ad un più o meno rapido declino se vengono raccolte. Se proprio volete testare il vostro "pollice verde" si possono comunque acquistare i bulbi in alcuni vivai europei che le riproducono soprattutto per seme, quindi "adattate" ad una coltivazione in cattività già dalla nascita. Detto questo, comunque, la raccolta di specie nei loro habitat nativi è regolata da leggi nazionali, regionali e/o locali. Perlomeno in Italia, alcune regioni non prevedono nessun tipo di "protezione" (parchi e oasi a parte), in altre vi è il divieto assoluto di raccolta per qualsiasi specie, in altre ancora sono segnate alcune specie ed altre no. Quindi la cosa è confusa e varia da paese a paese, da regione a regione. Ma abbiamo detto che è possibile acquistarle all'estero. Quindi adesso parliamo di "commercio" internazionale e perciò allarghiamo l'argomento a tutte le orchidee. Ma . Insomma, quali sono le specie "protette"? IL CITES (parte lunga e noiosa) Il commercio internazionale di piante e animali in pericolo è regolato (anche se alcune nazioni non hanno aderito) dalle convenzioni del CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of wild flora and fauna) (1) che ha stilato 3 elenchi in ordine di "pericolo" di specie da proteggere, le Appendici I, II e III, stabilendo regole diverse per ognuno dei tre. << ORCHIDACEAE Appendix I Appendix II
ORCHIDACEAE
spp. * =463 #7 6. An asterisk (*) placed against the name of a species or higher taxon indicates that one or more geographically separate populations, subspecies or species of that species or taxon are included in Appendix I and are excluded from Appendix II. =463 Includes families Apostasiaceae and Cypripediaceae as subfamilies Apostasioideae and Cypripedioideae #7 Designates all parts and derivatives, except: a) seeds and pollen (including pollinia); b)seedling or tissue cultures obtained in vitro, in solid or liquid media, transported in sterile containers; c) cut flowers of artificially propagated plants; and d) fruits and parts and derivatives thereof of artificially propagated plants of the genus Vanilla ° 610 Seedling or tissue cultures obtained in vitro, in solid or liquid media, transported in sterile containers are not subject to the provisions of the Convention >> Quindi alcune specie, più gli interi generi Paphiopedilum e Phragmipedium fanno parte
della "Appendice 1". L'Appendice I raccoglie tutte le specie in
pericolo di estinzione che hanno o possono avere un valore commerciale. Quindi TUTTE le orchidee, nessuna esclusa, vengono considerate più o meno, a torto o a ragione, in pericolo reale o potenziale e sono perciò sottoposte a controlli e restrizioni per quanto riguarda il commercio internazionale. <<1. Appendix I shall include all species threatened with extinction which are or may be affected by trade. Trade in specimens of these species must be subject to particularly strict regulation in order not to endanger further their survival and must only be authorized in exceptional circumstances.>> <<2. Appendix II shall include: (a) all species which although not necessarily now threatened with extinction may become so unless trade in specimens of such species is subject to strict regulation in order to avoid utilization incompatible with their survival; and (b) other species which must be subject to regulation in order that trade in specimens of certain species referred to in sub-paragraph (a) of this paragraph may be brought under effective control. >> In particolare, il "commercio" di piante in Appendice I è regolato come segue: <<Article III Regulation of Trade in Specimens of Species Included in
Appendix I [ ] >> In parole povere: c'è bisogno di un sacco di permessi. Inoltre è specificato chiaramente <<a Management Authority of the State of import is satisfied that the specimen is not to be used for primarily commercial purposes.>> ossia che l'autorità dello stato di importazione, per rilasciare il certificato, deve appurare che la pianta NON sia utilizzata per scopi principalmente commerciali. Questo sia per le piante vive che per ogni parte di esse (semi, ad esempio). Per le specie in Appendice II, i requisiti sono un po' meno restrittivi: <<Article IV Regulation of Trade in Specimens of Species Included in Appendix
II In questo caso, l'autorità, per rilasciare i permessi di esportazione/importazione, deve appurare solamente che l'esportazione (eventualmente anche se raccolte in natura) non metta in pericolo la sopravvivenza della specie. Viene da chiedersi, allora, perché vediamo abbastanza comunemente in vendita specie appartenenti all'Appendice I, Paphiopedilum e Phragmipedium in particolar modo, se ne è di fatto proibita l'esportazione/importazione a fini commerciali? Ecco spiegato il motivo: <<Article VII Exemptions and Other Special Provisions Relating to Trade 1. The provisions of Articles III, IV and V shall not apply to the transit or transhipment of specimens through or in the territory of a Party while the specimens remain in Customs control. 2. Where a Management Authority of the State of export or re-export is satisfied that a specimen was acquired before the provisions of the present Convention applied to that specimen, the provisions of Articles III, IV and V shall not apply to that specimen where the Management Authority issues a certificate to that effect. 3. The provisions of Articles III, IV and V shall not apply to specimens that are personal or household effects. This exemption shall not apply where: (a) in the case of specimens of a species included in Appendix I, they were
acquired by the owner outside his State of usual residence, and are being imported into
that State; or Il punto 4 specifica chiaramente che le piante appartenenti all'Appendice I propagate artificialmente vengono sottoposte a "trattamento" come se appartenenti all'Appendice II. Ecco cosa viene inteso come "propagazione artificiale": << Eighth Meeting of the Conference of the Parties Kyoto (Japan), 2 to 13 March 1992 [ ] a) that with regard to the definition of "artificially propagated": i) the term "artificially propagated" shall be interpreted to refer only to plants grown from seeds, cuttings, divisions, callus tissues or other plant tissues, spores or other propagules under controlled conditions; "under controlled conditions" means in a non-natural environment that is intensively manipulated by human intervention for the purpose of producing selected species or hybrids. General characteristics of controlled conditions may include but are not limited to tillage, fertilization, weed control, irrigation, or nursery operations such as potting, bedding, or protection from weather; ii) the cultivated parental stock used for artificial propagation must be: a) established and maintained in a manner not detrimental to the survival of the species in the wild; and b) managed is such a way that long-term maintenance of this cultivated stock is guaranteed; and ... [ .] >> Quindi, specificatamente per le piante di Appendice I, possiamo acquistare Il punto g) se raffrontato al punto b) mi lascia alquanto perplesso. Insomma, i certificati CITES per l'importazione/esportazione delle piante ricadenti in Appendice I sono fattibili solo ed esclusivamente nel caso in cui voi siate botanici (o simili) e vi servano per studio. Oppure servono a certificare che tali piante sono state propagate artificialmente. In nessun caso l'hobbista potrebbe (e dovrebbe, secondo me) possedere piante realmente Riassumendo, in teoria, occorrono fior di permessi quando si compra anche una sola specie di orchidea all'estero, pur comunissima che sia. In realtà, almeno per quello che vedo, i certificati rocamboleschi servono solo per quelle specie che sono in Appendice I, quelle che comunque sono di una certa rarità e per le importazioni dai paesi di origine. Comunque, ben difficilmente potremmo venire in possesso di piante da "Appendix I" che non siano artificialmente propagate (anche se magari non certificate) al di fuori dei loro paesi d'origine (chi ha piante "illegali" starà bene attento a non darle al primo che passa). Certo, c'è sempre la possibilità di fare una vacanza in un paese tropicale e tornarsene a casa con la piantina "inguattata" tra gli effetti personali, ma il gioco può non valere la candela. Per la nostra realtà locale, si può parlare più che altro del Cypripedium calceolus, unica orchidea nostrana ad avere una certa importanza commerciale oltre ad essere famosa per la sua rarità in quanto già scomparsa da alcune nazioni europee e seriamente in pericolo in molte altre, Italia inclusa. C'è da dire però che il C. calceolus è anche un caso un po' particolare. Qui in Europa infatti siamo abituati a vederlo come LA (maiuscolo volontario) pianta in pericolo di estinzione. Un simbolo della precarietà dell'habitat naturale, della salvaguardia e della difesa delle specie in pericolo. In realtà la sua rarità è solo europea, infatti è diffuso in quasi tutto l'emisfero boreale. Proprio per questo brilla la sua assenza nell'Appendice I. Di fatto l'acquisto, l'importazione e l'esportazione del C. calceolus è regolato dalle stesse norme che riguarda il commercio di qualsiasi altra specie di orchidea, mentre la raccolta è regolata dalle leggi locali. In Italia ne è espressamente proibita la raccolta dalle varie leggi regionali dove questa specie è presente. In conclusione: le regole del CITES sono poche e molte allo stesso tempo, confuse e a volte contrastanti. Rispettarle non è facile, ma è anche difficile dire quando non siano rispettate. Quindi il mio (personalissimo e magari non condividibile) consiglio, se si vuol acquistare piante rare e particolari, è di lasciar perdere CITES, leggi internazionali, vivai all'altro capo del mondo e di rivolgersi a vivai di fiducia, meglio se locali (anche se l'EU, con la scomparsa delle dogane, è come se fosse un'unica grande nazione) magari chiedendo in giro per informarsi sulla loro serietà. Magari non si avrà l'ultima novità scoperta, ma saremo a posto con la coscienza e con le leggi. GLI HABITAT Inoltre, è bene dirlo, casi particolari a parte, le orchidee difficilmente vengono messe in pericolo da raccolte più o meno indiscriminate, barbare o fatte a modo che siano, quanto piuttosto dalla scomparsa degli habitat. Certo, in Italia ed Europa assistiamo mestamente alla progressiva scomparsa o riduzione degli areali di crescita di molte specie di orchidee, ma ad esclusione del C. calceolus, nessuna di queste deriva da una eccessiva raccolta quanto dall'urbanizzazione, dalla bonifica delle aree umide, dallo sfruttamento intensivo del suolo. Lo stesso avviene nei paesi tropicali, dove la causa principale della scomparsa delle orchidee è l'abbattimento e lo scempio delle foreste pluviale. In Madagascar ad esempio, patria di moltissimi e bellissimi Angraecum, Aerangis ecc.. la foresta primaria è praticamente scomparsa e con essa le orchidee che vi abitavano, per far posto alle coltivazioni (adesso però ci sarebbe da tener conto delle condizioni economiche di questi paesi che spesso non si possono neanche permettere di attuare politiche ambientaliste ... ma il discorso è ampio e non intendevo affrontarlo). Anzi, la raccolta delle orchidee nelle foreste destinate all'abbattimento e la successiva coltivazione in cattività, è a volte l'unico modo per preservare un prezioso patrimonio genetico. Possiamo pensare all'Epidendrum ilense, che oramai 'abita' solo nelle collezioni degli appassionati, vista la totale scomparsa del suo habitat. COMMERCIO, PROPAGAZIONE E SCRUPOLI Tuttavia il CITES sembra puntare solo ed esclusivamente ad una limitazione del commercio delle orchidee,
soprattutto per quelle più rare, cercando di scoraggiare in ogni modo possibile gli
scambi internazionali rendendo sempre più difficili e costosi i permessi. Secondo me
(ripeto, secondo me), questo è un indirizzo più dannoso che benefico ed il modo più efficace di limitare
le raccolte in natura potrebeb e dovrebbe essere quello di riprodurre in modo massiccio e favorire al
massimo gli scambi delle orchidee in pericolo, magari (perché no?) agevolando i vivai che
si occupano della riproduzione delle specie più minacciate. La nostra stessa legislazione prevede che chi ha orchidee in "lista uno", NON POSSA scambiarle o donarle senza cadere nei lacci della burocrazia.
Possiamo bruciarle, avvelenarle, falciarle ma non possiamo regalarle. Più sono rare e più difficile diventa il poterle propagare e diffondere. Proibito per proibito, se tanto il rischio è lo stesso, meglio fare le cose in grande penserà qualcuno. E difatti è proprio così. Si arriva al punto che l'effetto della legge è l'esatto opposto di quanto vorrebbe ottenere. Tanto più che, si sa, la cosa proibita è sempre quella più ambita e gli alti prezzi non scoraggiano i collezionisti, rendendo allo stesso tempo queste piante al di fuori della portata dei semplici hobbisti. Putroppo questo è un gioco perverso, senza uscita. L'offerta crea una domanda e la domanda spinge l'offerta. Perchè dalle piante legali e legittime e quelle illegali e illegittime la differenza è pochissima e spesso è impossibile distinguere le due cose. Si arriva al punto in cui si hanno specie molto rare, riprodotte per seme ma la cui provenienza è (burocraticamente) illegale. Ad esempio una specie riprodotta in vitro ed esportata da un paese d'origine che vieta le esportazioni di quella pianta, quando tuttavia le leggi permetto in assoluto il comemrcio delle 'fiasche' senza alcun tipo di permesso. E' difficile strigare il bandolo della matassa. Il mio plauso va comunque a tutti quelli che hanno studiato ed affinato le tecniche di riproduzione "artificiale" delle orchidee più rare e richieste ed a coloro che per primi le hanno riprodotte e rese disponibili a prezzi "umani". Quando una piantina si vende a 500 euro (vuoi per la sua rarità, vuoi per le limitazioni imposte), la raccolta, pur rischiosa che sia, è incentivata ed il commercio illegale incoraggiato. Quando la stessa pianta si trova ovunque a 25 euro, cessano le ragioni delle raccolte "selvagge". Il modo per salvare le nostre beniamine dall'estinzione in natura, non è secondo me la limitazione del commercio (che pure può e deve avere la sua importanza), ma la protezione e la salvaguardia degli habitat originari (e di questo dovremmo farci carico anche noi) nonché la riproduzione "di massa". Se il C. calceolus fosse venduto al prezzo di una qualsiasi altra pianta dal fioraio sotto casa, avrebbe poco senso rischiare una raccolta in natura. O no? BACK |
© Giulio Farinelli 1997-2005